Ispirazione. Monotonia. Tutto uguale eppure diverso. Un po’ di pathos ad arricchire il tutto.

Noia: avvolge, attanaglia e spegne. Ma anche accende: idee, pensieri assurdi e fuggitivi.
Viaggiare con la mente oltre ogni limite.
Orli, bordi e sommità dilaniati. Straziati e sconsacrati terribilmente.
Ma forse, proprio a partire dalla monotonia quotidiana, si può cogliere la nostra essenza più profonda. Alla fine, siamo noi a scegliere la fantomatica routine. La prigione dorata. Decidiamo come incasellare qualsiasi cosa, rendendola all’apparenza eccessivamente ordinata e rasente il concetto di perfezione. Forse, però, solo esteriore. 
Ce ne lamentiamo, la disprezziamo, ma pensiamo mai che è lei stessa a differenziarci dagli altri?
Siamo tutti così uguali, eppure con connotati così differenti che ci rendono unici.
Proprio dalla nostra monotonia si rivela velatamente, con delicatissima leggerezza, il nostro lato più recondito.
Si fa silenziosamente strada bussando in maniera impercettibile .
Con un po’ di forza in più. Forse lo percepiamo, ma decidiamo di ignorarlo.
Si intensifica. Con prepotente invadenza, ci pervade. Ci avvolge e trascina il pensiero con inedita tracotanza.

Come assecondare quella parte di noi? Cogliamo prontamente la risposta nel fenomeno dell’Arte concettuale. Fino ad un po’ di tempo addietro confesso che si trattava più che altro di una semplice fonte di nervosismo per me. Si discostava troppo da quella che io consideravo davvero arte. Non capivo. Non riuscivo a comprenderne il senso. Mi sono chiesta troppe volte se effettivamente ne esistesse uno.
Oppure alcuni artisti erano stati resi famosi soltanto perché qualche scellerato con discreta importanza e rilevanza sociale li aveva notati? Non sono riuscita a darmi una risposta concreta e sufficientemente sensata, in realtà. Al momento so solo dire che tutta questa riflessione si ricollega alla mia curiosità. Ho cercato un senso nella stravaganza, che poi forse tale non è.
Innanzitutto, per me è stato particolarmente significativo il superamento della ricerca del piacere estetico. Una categoria di piacere, al margine del libidinoso, che appaga la vista. E questo quasi ‘oltraggioso ed innovativo andare oltre’ deve la sua riconoscenza a Kosuth, il primo ad utilizzare coscientemente e ad applicare questo tipo di arte.
Ora, riavvolgiamo un momento il nastro per non lasciare troppe questioni in sospeso ed evitare disguidi; sorge spontanea la domanda: ‘oltraggioso ed innovativo’ rispetto a cosa? Perfetto, ottimo punto di partenza, e questo è abbastanza semplice. Credo che l’inizio di questo percorso in salita si possa collocare dall’Impressionismo in poi. Si è cercato di liberare l’arte da quei rigidi vincoli formali e culturali che per troppo tempo, forse, avevano costituito le basi della stessa, le fondamenta, il fulcro attorno a cui doveva necessariamente gravitare qualsiasi opera degna di essere considerata tale.
Si è proceduto quindi attraverso un corridoio evolutivo caratterizzato dalla rarefazione di tutte quelle che fino ad allora erano state le certezze di quel mondo. Ma in fondo al tunnel cosa si trova? Quella luce alla fine dello stesso cosa rappresenta? Ecco, per rendere in maniera abbastanza elementare l’immagine, sosterrei che il chiarore iridescente nella mia mente (a dire il vero, inizialmente molto tenue) sia costituito da fotoni che portano il nome e le varie sfaccettature del rifiuto. Vengono rifiutati il passato, la prospettiva, il naturalismo, il concetto di mimesi e pure le forme stesse in cui da sempre venivano catalogati gli oggetti e i significati attribuiti agli stessi.

Così da avere una panoramica che ci permetta una veduta ed un livello di comprensione migliore, sviluppiamo alcuni brevi accenni relativi alle conseguenze artistiche dei vari aspetti del rifiuto:

  • Rifiuto del passato  Futurismo: movimento oltre che artistico, anche letterario e musicale, che esalta con ottimismo l’era industriale; le parole chiave che guidano gli artisti sono: movimento, velocità ed in generale l’esaltazione del concetto di tecnologia. Si tratta di una delle prime Avanguardie europee e si colloca all’inizio del XX secolo. È poi stato di particolare ispirazione anche in molti altri Paesi, sbarcando perfino oltreoceano, negli Stati Uniti.
  • Rifiuto della prospettiva  Cubismo: altro movimento che si inserisce nelle Avanguardie; il suo originario luogo di nascita è la Francia e si contraddistingue per la compenetrazione di piani taglienti e per la scomposizione delle figure. L’artista cerca di rappresentare contemporaneamente nella stessa opera diversi punti di vista, squarciando definitivamente i concetti rigorosi di simmetria ed equilibrio, che invece si esplicano particolarmente nell’arte rinascimentale
  • Rifiuto della forma  Arte informale: movimento artistico su scala europea (e a tratti globale) che si espande a seguito della Seconda Guerra Mondiale. Non necessita di spiegazioni particolari, dal momento che scegliamo di menzionare l’esempio, esplicativo di per sé, di Alberto Burri, che brucia e buca sacchi di tela e plastica, utilizza colla vinilica e altri materiali per creare composizioni bianche. Lo sperimentalismo trasversale prende il sopravvento
  • Rifiuto del naturalismo  Il principio di base del naturalismo consiste nell’eseguire le rappresentazioni prestando fede a volumi e proporzioni.  Il suo rifiuto, al contrario, comporta l’accettazione di una rappresentazione non più necessariamente realistica e testuale di oggetti fisici e non. Il concetto, in realtà, è sempre, esistito, fin dalla notte dei tempi; si riscontra infatti addirittura nelle pitture del periodo Paleolitico, e in buona parte dell’arte greca e romana.
  • Rifiuto del concetto di mimesi  Il significato di tale concetto si trae sostanzialmente dall’etimologia della parola di origine greca (mìmesis) che parte dal senso di ‘imitazione’ e ‘riproduzione’, per poi approdare a qualcosa, se vogliamo, di più alto e leggermente più astratto. Per Platone, tale idea rappresenta più che altro la falsa rappresentazione della realtà, e riguarda sia i dipinti prodotti dagli uomini, sia i sogni, creati dagli dei. Si declina in maniera differente a seconda che la suddetta rappresentazione ritragga fedelmente la realtà (icastica), oppure che subentri l’illusione (esempio: ombre, utilizzando quindi la prospettiva per ingannare l’osservatore). Dunque il rifiuto della mimesi consiste, per dirlo in parole povere, nella mancanza del concetto di ‘rappresentazione teatrale’.

Siamo allora pronti a riprendere il filo rosso del nostro discorso, augurandoci di non averti annoiato eccessivamente, lettore.
Proprio a partire dall’Arte concettuale, che nasce ufficialmente negli Stati Uniti negli anni Sessanta e si propaga prontamente in tutto il mondo, può nascere dunque la nostra ispirazione; possiamo darci risposte totalmente personalizzate, nostre e nostre soltanto. Possiamo elevarci, dilaniare e sbranare qualsiasi genere di confine ed estremità.
Basti pensare all’iconica Una e tre sedie (vedi immagine).

E questa è soltanto un’opera, che da molti verrebbe definita ‘semplice’. E forse è proprio la semplicità di facciata che dovremmo apprezzare, perché permette al nostro inconscio di librarsi nel cielo della nostra mente aggrovigliata, costituendo allora un punto di partenza per l’evasione.
Non dice nulla. Siamo noi a poter attribuire la sfumatura che ci sembra più spontanea e adeguata; possiamo elaborare idee nostre soltanto, e riflettere sulla potenzialità del tutto. A questo punto la mente è impegnata, e la pesante noia nebbiosa ha lasciato spazio all’intrigante necessità di attribuire un senso a visioni quasi fastidiose. La stranezza, coniugata con l’autenticità di oggetti quotidiani che assumono connotati anomali, destabilizza.
Ed è qui che inizia il viaggio, l’enigmatico errare della psiche che ricerca assennato riscontro.
Ma in quale lontano lembo del nostro intelletto intendiamo approdare per alleviare l’ormai nauseante incomodo?

Buona fortuna per le vostre ricerche.

Martina Beraldo